L’addebito della separazione può essere contestato alla “donna che abbandona, anche solo per due giorni, il tetto coniugale per poi ritornare a seguito di un ripensamento nel caso in cui comunque successivamente si proceda allo scioglimento del vincolo coniugale” (Cass. Civ. Ord. 509/2020 del 11.01.2020).
Addebito della separazione nell’ordinamento italiano
L’art. 151 comma 2 del codice civile individua i presupposti in presenza dei quali, il giudice, su richiesta di parte, individua a chi dei coniugi è addebitabile la separazione.
Addebitare la separazione significa, pertanto, individuare chi dei due coniugi ha determinato il fallimento del matrimonio. La crisi quindi deve conseguire a causa del comportamento di uno di essi il quale, così facendo, ha reso intollerabile la prosecuzione del coniugio.
Dunque nel caso in cui l’autorità giudiziaria appuri che la rottura dell’unione coniugale è dipesa dalla violazione, da parte di una sola delle parti dei doveri disciplinati dall’art. 143 c.c. ove sussista specifica richiesta in tal senso, potrà pronunciare sentenza di separazione con addebito.
Presupposti dell’addebito secondo la giurisprudenza maggioritaria
L’orientamento giurisprudenziale maggioritario, tuttavia, ai fini del riconoscimento dell’addebito ritiene necessario che la violazione dei doveri coniugali sia antecedente alla richiesta di separazione. In particolare è necessario dimostrare che sussiste un rapporto di causa-effetto tra la violazione stessa e la sopravvenuta intollerabilità della convivenza.
A tal proposito, in numerose occasioni la Cassazione si è pronunciata in materia di addebito della separazione nei casi di tradimento. Anche in tali casi rilievo fondamentale è stato dato al fattore temporale. Invero, anche in caso di tradimento l’addebito della separazione è possibile solo se l’infedeltà è stata la causa della crisi coniugale e non il suo effetto.
Tornando al caso di specie…
Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ha ritenuto che alla donna, colpevole di avere lasciato l’abitazione coniugale per soli due giorni, per poi ritornare sui propri passi, debba essere addebitata la separazione.
Gli Ermellini hanno confermato la sentenza emessa dai giudici di merito, ritenendo la fuga di sole 48 ore dal domicilio domestico la causa del fallimento del matrimonio. In particolare la donna non ha dimostrato che il matrimonio fosse già in crisi. Non ha neppure dimostrato di avere ricevuto pressioni, violenza o minaccia da parte del marito.
Di conseguenza i giudici chiamati a decidere del caso, considerando il “carattere unilaterale e non temporaneo della decisione di abbandonare la residenza familiare ponendo fine alla vita coniugale”, accoglievano la domanda del marito volta all’accertamento dell’addebito.
Conseguenze dell’addebito
Quali sono le conseguenze in termini giuridici dell’addebito? Le conseguenze sono prevalentemente di carattere patrimoniale.
Il coniuge cui è stata addebitata alla separazione perde infatti il diritto a ricevere un eventuale assegno di mantenimento. Tuttavia permane il diritto agli alimenti, ma sempre che ne sussistano i presupposti. Ciò significa che potrà percepire somme di denaro solo nel caso in cui si trovi in una situazione di bisogno.
Rilevanti inoltre sono gli effetti della pronuncia di addebito della separazione in ambito successorio. Il coniuge separato con addebito, infatti, perde i diritti di successione inerenti allo stato coniugale. Conserva esclusivamente il diritto a un assegno vitalizio, laddove, all’apertura della successione, godesse già dell’assegno alimentare.
Altro effetto dell’addebito della separazione è la perdita del diritto alla pensione di reversibilità e alle altre indennità e prestazioni previdenziali riconosciute al coniuge defunto.
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