Accertamento ematico-genetico prova principale anche nel disconoscimento della paternità
Cassazione Civ., Sez. I, ordinanza n. 30749/2024
L’accertamento ematico-genetico è divenuto la prova principale anche nelle azioni di disconoscimento della paternità e non più soltanto in quelle di riconoscimento. A fronte di un’indagine tecnica risolutiva, peraltro ormai possibile anche attraverso un prelievo di saliva per nulla invasivo, il rifiuto volontario di sottoporsi all’accertamento, pur essendo il frutto di una scelta non coercibile, è suscettibile di essere valutato ai sensi dell’articolo 116 c.p.c. in modo tendenzialmente coerente con il grado di efficacia probatoria dell’esame, e non alla stregua di un qualunque altro comportamento processuale omissivo della parte.
In motivazione la Suprema Corte di Cassazione ha altresì chiarito che è necessario disegnare dei perimetri precisi entro i quali considerare il rifiuto come ingiustificato.
Anzitutto, non si può accettare una giustificazione del rifiuto basata su convinzioni etiche e religiose, né su questioni inerenti alla riservatezza o all’invasività clinica del test.
È poi necessario che tale rifiuto persista sino al momento della decisione di merito.