La donna casalinga, che dedicandosi prevalentemente alla famiglia ha contribuito alla carriera del marito, ha diritto ad un congruo assegno di divorzio da commisurarsi in base all’età, ai sacrifici e alla durata del matrimonio (Cass. civ., sez. I del 09 marzo 2020 n. 6519).
Il fatto
In sede di divorzio una donna chiedeva che il marito fosse obbligato a versarle un congruo assegno. A fondamento della richiesta la donna poneva il fatto che il matrimonio era durato a lungo. Ma non solo, la donna aveva dedicato molto tempo alla famiglia e aveva incrementato il patrimonio familiare con il lavoro da casalinga. A tale richiesta di opponeva il marito.
Il Giudice di prime cure accoglieva la richiesta della donna e stabiliva a favore della stessa un congruo assegno di mantenimento.
Avverso la sentenza l’uomo proponeva impugnazione
Effettivamente la Corte d’Appello adita accoglieva parzialmente la domanda dell’uomo riducendo l’assegno. Nello specifico la Corte rideterminava in 1.600.00 euro mensili l’assegno di divorzio a favore della donna. Nel prendere questa decisione la Corte sottolineava che la richiedente era rimasta sposata a lungo, aveva dedicato molto tempo alla famiglia e al partner e aveva, altresì, incrementato le risorse economiche familiari con il proprio lavoro da casalinga e fuori. Peraltro era emerso che la donna viveva in affitto ed era la parte debole del rapporto perché non disponeva di risorse proprie da lavoro. L’unica liquidità di cui la stessa poteva godere era quella derivante dalla vendita degli immobili paterni divisi con la sorella. Corretto quindi ridurre l’assegno alla moglie, ma non nella misura indicata dal marito. Inoltre dato importante era l’età. A causa di questa, la donna difficilmente poteva reperire un lavoro.
L’uomo ricorreva in Cassazione ritenendo ancora eccessiva la somma di € 1.600,00
Il marito ricorreva in Cassazione lamentando: 1)la mancata produzione in giudizio da parte della moglie delle dichiarazioni di successione dei genitori; 2) che la Corte non aveva preso in considerazione che la ex moglie avrebbe potuto andare a vivere nella casa paterna; 3) l’omesso esame dell’accordo secondo cui l’onere dell’affitto sarebbe gravato sul marito sino a quando la moglie non avesse acquistato la libera disponibilità gratuita di un immobile e comunque una volta sopravvenuta la morte del padre; 4) la ritenuta non redditività del cespite ereditato dalla ex moglie, stante l’assenza di prove al riguardo; 5) l’esiguo giudizio della Corte sulla capacità effettiva della donna di produrre reddito, stante la mancata produzione di prove sulle iniziative della stessa per raggiungere l’indipendenza economica, 6) l’omesso esame della circostanza che la figlia aveva deciso di vivere con il padre; 7) l’eccessività dell’assegno; 8) la violazione dei dettami stabiliti dalla sent. 11504/2017.
La decisione della Corte di Cassazione
La Cassazione con la sentenza n. 6519/2020 rigettava il ricorso dell’uomo. Riteneva inammissibili le prime sei doglianze perché volte ad ottenere un giudizio di merito.
Relativamente agli ultimi due motivi del ricorso, in cui il ricorrente lamentava la violazione dai parametri sanciti dalla sentenza n. 11504/2017, che ha abbandonato il tenore di vita nella determinazione dell’assegno di divorzio, la Cassazione rilevava che la successiva sentenza n. 18287/2018 dà una diversa lettura all’assegno di divorzio più coerente con il quadro costituzionale. Ed è a questa che la sentenza in commento si rifà per la decisione.
Motivazione della Corte di Cassazione
In particolare gli Ermellini sottolineavano la funzione perequativa-compensativa dell’assegno di divorzio. Tale funzione discende dal principio di solidarietà. In virtù di tale richiamo nella determinazione dell’assegno si deve tenere conto delle condizioni reddituali e patrimoniali di entrambi i coniugi. Nonché calcolare il contributo fornito alla realizzazione della vita familiare, l’età del richiedente e la durata del matrimonio.
Alla luce di tale principi gli Ermellini sottolineavano la correttezza della decisione della Corte di Appello. Tale indirizzo evita di punire il coniuge più debole economicamente. Colui che è stato sposato per lungo tempo che ha dedicato il proprio tempo alla famiglia, come la casalinga, contribuendo così ad aumentandone le risorse economiche comuni.
Per tali ragioni il ricorso dell’uomo veniva rigettato.
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Avv. Manuel Berno dice
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