Cassazione Civ., Sez. I, ordinanza 21 gennaio 2025 n.1486
Nell’ambito di un giudizio di separazione, la madre impugnava l’ordinanza del Tribunale che aveva disposto l’affidamento condiviso dei figli minori con un collocamento paritario e, sostenendo che la figlia fosse ancora in tenera età, chiede un collocamento prevalente presso di sé.
La Corte d’Appello accoglieva la richiesta della madre e modifica l’ordinanza di primo grado, disponendo un collocamento prevalente presso la madre e ridefinendo le modalità di frequentazione del padre. I giudici di secondo grado motivavano questa decisione affermando che, vista l’età della minore, sarebbe stato opportuno garantire un maggiore accudimento materno.
Il padre vedeva quindi limitato il suo diritto di visita a due pomeriggi settimanali e a weekend alternati (dal sabato mattina alla domenica sera), riducendo significativamente il tempo trascorso con la figlia rispetto alla collocazione paritaria precedentemente stabilita.
Il padre impugnava la decisione della Corte d’Appello dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse erroneamente ritenuto più conforme all’interesse della minore un collocamento prevalente presso la madre, riducendo drasticamente il suo diritto di visita e confinandolo solo quattro giorni pieni al mese e per poche ore nei giorni infrasettimanali. Secondo il ricorrente la decisione dei giudici di secondo grado aveva svalutato la relazione tra padre e figlia non considerando che il padre si fosse sempre occupato della figlia in modo paritario rispetto alla madre.
La Suprema Corte affronta innanzitutto il tema dell’ammissibilità del ricorso straordinario, facendo riferimento alla recente Riforma Cartabia. Secondo l’art. 473-bis.24 c.p.c., le decisioni prese in sede di reclamo su provvedimenti temporanei e urgenti, che comportano sostanziali modifiche dell’affidamento e del collocamento dei minori, possono essere impugnate per Cassazione.
Successivamente, la Corte esamina nel merito il ricorso e rileva che la Corte d’Appello ha adottato un criterio astratto, basato unicamente sulla tenera età della minore, senza considerare concretamente indici quali la relazione della bambina con entrambi i genitori, e condizioni di vita familiare, le reali capacità e attitudini di entrambi i genitori nell’accudimento e nell’educazione della figlia.
La Cassazione sottolinea che le decisioni in materia di affidamento, collocamento e frequentazione dei figli devono essere adottate esclusivamente nell’interesse morale e materiale del minore. Questo interesse si realizza garantendo un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori.
In questo caso, invece, la Corte d’Appello ha operato una scelta che pregiudica la relazione tra padre e figlia, limitando grandemente la frequentazione paterna senza motivazioni concrete.
Per tutte queste ragioni la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 1486/2025 ha cassato la decisione di secondo grado e rimesso gli atti alla Corte di Appello poiché, in spregio al principio della bigenitorialità, essa ha trovato fondamento su un principio astratto (nello specifico, l’età della minore) anziché su un’analisi concreta della situazione familiare.
Il diritto alla bigenitorialità è innanzitutto un diritto del minore, non dei genitori. Questo diritto deve essere garantito con soluzioni concrete che favoriscano la conservazione di un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori e non può essere sacrificato senza reali motivazioni giacché la tenera età del figlio minore non è di per sé un criterio sufficiente a limitare drasticamente la frequentazione con un genitore.
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