Sindrome della madre malevola non basta a giustificare l’affido super esclusivo al padre.
La sindrome da alienazione parentale (PAS) o la sindrome della madre malevola (MMS) non sono qualificabili quali patologie riconosciute scientificamente e non possono, quindi, giustificare un provvedimento di affido super esclusivo a favore di un coniuge. Così decide la Corte di Cassazione con l’ordinanza del 17.05.2021 n. 13217.
Il caso
Il Tribunale concedeva l’affido esclusivo della minore al padre, regolamentando le visite della madre. Il padre proponeva reclamo e chiedeva l’affido super esclusivo, oltre a visite della madre protette con l’ausilio degli assistenti sociali.
La madre si opponeva e chiedeva l’affido condiviso, con collocamento prevalente presso di sé.
La Corte di Appello Territoriale accoglieva il reclamo del padre e disponeva l’affido super esclusivo in suo favore sulla base delle risultanze delle CTU, da cui emergeva che la donna fosse affetta dalla sindrome della madre malevola (cosiddetta MMS).
La madre ricorre in Cassazione contro la decisione della Corte di Appello.
La decisione della Suprema Corte
Ad avviso della Suprema Corte, il giudice di merito ha disposto l’affidamento super esclusivo a favore del padre non curandosi di quale fosse il migliore sviluppo della personalità del minore. Ed inoltre, non effettuando una prognosi sulle capacità genitoriali della madre, il giudice di merito si è soffermato soltanto su degli episodi insufficienti a fondare il provvedimento di affidamento super esclusivo.
Secondo gli ermellini, la sindrome della madre malevola non è riconosciuta scientificamente. Pertanto la valutazione del giudice avrebbe dovuto essere più ampia e considerare ogni aspetto, compresa la possibilità della madre di intraprendere un percorso di recupero delle proprie capacità genitoriali.
Non è, infatti, corretto attribuire rilevanza ai limiti caratteriali della stessa considerando che ella non ha dimostrato trascuratezza o incuria verso al figlia.
Secondo la Corte, i fatti ascritti alla ricorrente non presentano una gravità tale da legittimare il provvedimento di super affido, non essendo state accertate irrecuperabili carenze di espressione delle capacità genitoriali.
Il giudice di merito ha, inoltre, trascurato le conseguenze di una simile decisione sulla minore. Decisione che causerebbe una rilevante attenuazione dei rapporti con l’altro genitore che provoca un provvedimento di super affido.
Il giudice deve evitare di adottare soluzioni prive del necessario conforto scientifico e potenzialmente produttive di danni ancora più gravi di quelli che intendono scongiurare.
Il criterio fondamentale è l’interesse del minore
Il giudice è tenuto ad analizzare la condotta genitoriale e acclarare la sussistenza di effettive carenze. Nel caso di specie, si è fatto genericamente riferimento a condotte scorrette tenute dalla donna. Si è fatto riferimento anche alle gravi ripercussioni sulla bambina, senza in realtà indicare i pregiudizi specifici patiti dalla minore. Il giudice deve sempre attenersi al criterio fondamentale rappresentato dal superiore interesse del minore, privilegiando il genitore che riduce il pregiudizio che il bambino può subire in seguito alla disgregazione della famiglia. Trattasi di un giudizio prognostico incentrato sulle capacità affettive del genitore, non suscettibile di censure in sede di legittimità.
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